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I PATRIARCATI ORTODOSSI MODERNI

20 settembre 2020

I PATRIARCATI ORTODOSSI MODERNI

(Sua Santità Neofito, Patriarca di tutta la Bulgaria e Metropolita di Sofia)

Abbiamo concluso, con la scorsa pubblicazione, il percorso all’interno dell’antica Pentarchia, tra mondo cattolico ed ortodosso, ed è arrivato il momento di illustrare i moderni Patriarcati Ortodossi.


Il primo Patriarcato ortodosso moderno è quello bulgaro di Sofia.


La Chiesa ortodossa bulgara è una Chiesa cristiana ortodossa autocefala, nata quando il re Boris I Michele di Bulgaria si fece battezzare nell’864. Ha 6,5 milioni di fedeli in Bulgaria e un numero di fedeli tra 1,5 e 2,0 milioni nei restanti paesi europei, nelle Americhe e in Australia.


Il fatto che la chiesa bulgara sia legata all’ortodossia deriva dal fatto che durante il Concilio di Costantinopoli (869-870) la maggioranza orientale dei partecipanti ebbe la meglio e fu Costantinopoli e non Roma ad inviare nuovi preti e consacrare un nuovo vescovo in Bulgaria, la cui chiesa nacque ufficialmente nell'870.


Il riconoscimento dell'autocefalia del Patriarcato bulgaro da parte del Patriarcato di Costantinopoli nel 927 fa della Chiesa ortodossa bulgara la più antica Chiesa ortodossa slava autocefala, la prima ad aggiungersi alla Pentarchia (i Patriarcati di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) e alla Chiesa apostolica autocefala ortodossa georgiana.


Dopo alterne vicende nel XIX secolo la Chiesa ortodossa bulgara riproclama come esarcato la sua autocefalia (1872-1945), ma non fu riconosciuta da Costantinopoli se non nel 1945. Era stata considerata eretica dalla maggioranza delle Chiese ortodosse, perché professava il filetismo, dottrina che sistematizza ciò che è prassi corrente circa i rapporti tra le Chiese: quando una nazione conquista l'indipendenza politica, anche la sua Chiesa ortodossa acquisisce l'autocefalia. Tale prassi ecclesiologica, pur diffusa e consolidata, non è un articolo di fede ufficialmente professato.


Nel 1953, così, viene ripristinato il patriarcato e nel 1992, con la fine del regime comunista, sorsero all'interno della chiesa dissensi nei confronti del patriarca Massimo, accusato di collaborazionismo con il cessato regime comunista. Nel 1996 avviene uno scisma con la nascita dal "Sinodo Alternativo di Bulgaria" sostenuto anche dal governo bulgaro, fino al 2002, quando viene approvato un decreto che riconosce quella ufficiale come l'unica chiesa ortodossa bulgara, mentre il sinodo alternativo si sfalda progressivamente.


Attualmente la Chiesa Ortodossa bulgara è in comunione con le altre chiese ortodosse ed è riconosciuta sia dal Patriarcato di Russia che dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Capo della Chiesa bulgara è il patriarca Neofito, in precedenza arcivescovo di Ruse, eletto dal Santo Sinodo il 24 febbraio 2013.


Il secondo è il Patriarcato della Chiesa apostolica autocefala ortodossa georgiana, una delle più antiche Chiese cristiane che riconduce le sue origini all'apostolo Andrea nel I secolo. Fu la Chiesa ufficiale della Georgia a partire dal IV secolo ed attualmente è la religione maggioritaria nel paese caucasico.

(Sua Santità Elia II, Neofito, Catholicos Patriarca di tutta la Georgia e Arcivescovo di Mtskheta e Tbilisi)

Il Patriarca della Chiesa georgiana porta il titolo di Catholicos Patriarca di tutta la Georgia e Arcivescovo di Mtskheta e Tbilisi.


Secondo la tradizione fu Andrea apostolo a portare il Vangelo nei distretti del Caucaso corrispondenti all'attuale Georgia (Colchide e Iberia), portando l'Icona Increata della Santa Madre (un'icona della Vergine Maria che secondo la tradizione non era stata fatta da mani umane).


La prima eparchia georgiana fu fondata a Askuri (sud ovest della Georgia), tradizionalmente dall'apostolo Andrea. La più antica chiesa georgiana fu costruita all'inizio del III secolo, nel villaggio di Nastakisi.


Nel 303 iniziò la predicazione in Georgia di santa Nino, dichiarata successivamente Eguale agli Apostoli e grazie alla sua opera nel 327 il Cristianesimo fu dichiarato religione ufficiale del Regno d'Iberia dal re Mirian III e dalla regina Nana (entrambi successivamente santificati).


La Georgia occidentale, parte dell'Impero romano, fu cristianizzata in un processo graduale che si completò solo nel VI secolo. Il Regno di Egrisi, ad ovest, dichiarò il Cristianesimo religione di Stato nel 523. Il paese adottò San Giorgio come santo patrono. La tradizione ortodossa georgiana vede il paese anche sotto la speciale processione e intercessione di Maria, madre di Gesù.


La cristianità georgiana fu storicamente influenzata dalla Chiesa dell'Impero bizantino. Dagli anni '20 del IV secolo la Chiesa ortodossa georgiana fu sottoposta alla giurisdizione della Sede apostolica di Antiochia e divenne autocefala (indipendente) nel 466, quando il Patriarcato di Antiochia elevò il vescovo di Mtskheta al rango di Catholicos di Kartli.


Nel 1010 il Catholicos Melchisedec I fu elevato a Patriarca, assumendo così il titolo di Catholicos di Tutta la Georgia.


Le invasioni di Gengis Khan nel XIII secolo e di Tamerlano tra il XIV ed il XV secolo furono duri colpi per la Cristianità georgiana. A partire dal XV secolo, fino al XVIII secolo la Chiesa, come anche il Paese, furono divisi in due, occidentale ed orientale e quindi la guida fu esercitata separatamente da due catholicoi-patriarchi. Nel 1801 il Regno di Kartl-Kakheti (Georgia orientale) fu occupato ed annesso all'Impero Russo. Dieci anni più tardi, nel 1811, lo status di autocefalia fu abolito dalle autorità russe, sottoponendo nonostante la forte opposizione georgiana, la Chiesa alla Chiesa ortodossa russa. La liturgia georgiana fu soppressa e sostituita con quella russa.


Nel marzo del 1917, dopo la Rivoluzione di febbraio, i vescovi georgiani restaurarono unilateralmente l'autocefalia della Chiesa ortodossa georgiana. Questi cambiamenti non furono accettati dalla Chiesa russa, che riconobbe l'indipendenza solamente nel 1943.


Nel 1989 il Patriarcato di Costantinopoli riconobbe e approvò l'autocefalia della Chiesa Ortodossa Georgiana (esercitata o reclamata fin dal V secolo) così come l'onore patriarcale al Catholicos.


L'indipendenza della Repubblica di Georgia nel 1991 ridiede nuova vitalità alla Chiesa.


L'attuale patriarca, in carica dal 1977, è Elia II.


Il terzo è il Patriarcato di Mosca, precedentemente in comunione con tutte le Chiese ortodosse calcedonesi, tra le quali occupava il quinto posto, dopo il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, il Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria, la Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e la Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme.


Dal 2018, per decisione del sinodo dei vescovi russi, non è più in comunione con il solo Patriarcato di Costantinopoli, "primo tra pari" tra i patriarchi ortodossi, in seguito alla decisione da parte di quest'ultimo di riammettere alla piena comunione la Chiesa ortodossa ucraina (Patriarcato di Kiev), guidata da Filarete Denisenko, separatasi in precedenza dal Patriarcato di Mosca e per questo scomunicata.

(Sua Santità Cirillo I, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia)

La Chiesa russa fa risalire la sua origine al battesimo del principe Vladimir I di Kiev nel 988. A Kiev fu fondata la Provincia ecclesiastica sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. Successivamente il Metropolita di Kiev dovette spostarsi a Vladimir ed a Mosca, nel 1299 e 1325. L'ultimo fu destituito ed esiliato nel 1441, a seguito del rifiuto di accettare l'Unione di Firenze da parte del Pomestnij Sobor della Chiesa russa. Nel 1448 (a seguito del rifiuto di accettare l'Unione di Firenze) tramite i delegati del Pomestnij Sobor della Chiesa russa prese lo stato di autocefalia. Il vescovo di Rjazan' Giona fu eletto Metropolita di Mosca e di tutta la Russia senza approvazione di Costantinopoli. Solo nel 1589 il Patriarca di Costantinopoli Geremia II Tranos formalizzò, con il suo decreto, la nomina del metropolita Giobbe a patriarca di Mosca e di tutta la Russia.


Il patriarcato fu abolito da Pietro il Grande il 25 gennaio 1721 e sostituito dall'istituzione del Santo Sinodo Governativo con a capo un procuratore imperiale.


Il 28 ottobre (17 novembre) 1917 fu restaurato il Patriarcato. Primo patriarca dopo il lungo periodo sinodale fu scelto il 5 novembre Tichon, già eletto in giugno metropolita di Mosca (poi intronizzato il 4 dicembre).


Dopo la rivoluzione d'ottobre la Chiesa venne perseguitata perché considerata parte della fazione anti-bolscevica e molti membri del clero vennero incarcerati o uccisi dal nuovo regime. Dopo la morte di patriarca Tichon avvenuta nel 1925, il posto di Patriarca rimase vacante. Solo nel 1943 fu eletto il nuovo patriarca Sergio I.


Il 1º febbraio 2009 dopo la morte del patriarca Alessio II avvenuta nel novembre 2008, il Metropolita di Kaliningrad e Smolensk Cirillo I è stato eletto nuovo patriarca di Mosca e di tutta la Russia.


Segue, poi, il Patriarcato Serbo di Belgrado (Chiesa ortodossa serba).

(Sua Santità Irinej, arcivescovo di Peć, metropolita di Belgrado e Karlovci, e patriarca serbo)

La Chiesa оrtodossa serba è la sesta giurisdizione ortodossa per importanza dopo quelle di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Mosca. Ad essa appartengono i fedeli che vivono in Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia e Croazia.


Le fonti attestano battesimi di massa tra i Serbi già nel VII secolo, durante il regno dell'Imperatore Eraclio (610-641), ma la conversione definitiva iniziò quando Re dei Serbi era Mutimir e Basilio il Macedone era Imperatore di Bisanzio (812-886). Nell'878 Belgrado ebbe il suo primo Vescovo, Sergio.


Uno dei fattori determinanti per il consolidamento del Cristianesimo nei Balcani fu la predicazione dei missionari nella lingua del Popolo. In Pannonia era presente una struttura ecclesiastica latina creata dalla Missione di Salisburgo e sostenuta dagli occupanti tedeschi della regione: fu per questo che il Principe Rastislav chiese a Costantinopoli l'invio di religiosi orientali. Giunsero, quindi, i fratelli Cirillo e Metodio che erano greci ma conoscevano la lingua slava.


La chiesa di Serbia fu Arcivescovado dal 1219 al 1346. Nel 1346 si riunì a Skopje un concilio al quale parteciparono il Patriarca Simeone di Bulgaria, l'Arcivescovo Nicola di Ocrida, gli abati dell'Athos e i Vescovi delle diocesi entrate a far parte della Serbia dopo le ultime conquiste di Dušan. Il concilio decretò che l'Arcivescovado di Serbia fosse elevato alla dignità di Patriarcato e Joanikije I fu il primo Patriarca della Serbia e delle terre marittime. Una settimana dopo, il Patriarca consacrò Dušan Imperatore dei Serbi e dei Greci.


La Bulgaria e il Despotato di Serbia caddero in mano turca nel 1459, la Bosnia nel 1463, l'Erzegovina nel 1482 e il Montenegro nel 1496. La chiesa ortodossa serba subì lo stesso destino del suo popolo. I Serbi, sotto il dominio ottomano, non avevano diritti legali, ma solo il diritto di vivere se avessero pagato una speciale imposta al sultano. Durante il dominio turco i Vescovi non potevano riunirsi per nominare un Patriarca, per cui l'ultimo eletto fu Arsenio II, deceduto nel 1463.


Il Popolo serbo continuò per secoli ad essere sottomesso all'amministrazione ottomana. Una delle più diffuse pratiche dei Turchi era il reclutamento dei giovani serbi. Essi venivano raccolti, portati a Istanbul, convertiti all'Islam e riuniti nel corpo paramilitare dei giannizzeri, oppure potevano accedere a cariche politiche anche alte, come quella di Visir. I giannizzeri costituivano la fanteria d'élite dell'esercito ottomano, erano armati di archibugi e percepivano una paga regolare. I peggiori massacri nei confronti delle popolazioni sottomesse (spesso le stesse dalle quali provenivano) erano opera proprio dei giannizzeri, tanto che un detto popolare serbo recitava “Un convertito è peggio di un Turco”.

(Il ciambellano del Sultano Murad IV con Giannizzeri di scorta)

Nella metà del XVI secolo, le zone abitate dai Serbi furono utilizzate dai Turchi per raggiungere i territori di conquista verso Ovest. Fu così che le autorità ottomane decisero di attuare una politica distensiva nei confronti delle popolazioni, facendo generose concessioni alla Chiesa ortodossa. Il serbo Mehmed Sokolović fece carriera nei ranghi dell'amministrazione ottomana, fino a diventare Gran Visir: fu lui che, dall'alto della sua posizione, giocò un ruolo importante nel rinnovamento del Patriarcato nel 1557, creando patriarca suo fratello Macario. Alla giurisdizione del rinato Patriarcato di Peć vennero sottomesse le chiese di Bulgaria e Ungheria oltre a quelle già facenti capo alla Chiesa serba prima della conquista turca. Da allora dall'Ungheria all'Albania più di 40 diocesi erano sottomesse al trono di San Sava. Fu concessa la costruzione di nuovi monasteri e il restauro di quelli distrutti; il Patriarca venne considerato una personalità di rilievo e fu dotato di una scorta armata.


Dopo le grandi migrazioni della fine del XVII secolo, la popolazione serba era notevolmente diminuita; continuavano i rapimenti di giovani da inserire nel corpo dei Giannizzeri e le conversioni forzate. Il clero era sottoposto al controllo dell'amministrazione ottomana ed aveva autorità solo all'interno dei monasteri. Di questo approfittò il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli che ottenne dal potere del Pascià di appropriarsi del Patriarcato di Peć. L'ultimo Patriarca Serbo, fu Vasilije Brkić (1763-1765): fu dichiarato nemico dell'Impero Ottomano ed esiliato a Cipro; il suo successore, il greco Kalinik II (1765-1766), si dimise e, con altri 5 Vescovi, chiese di abolire il Patriarcato di Peć al Patriarca di Costantinopoli. Quest'ultimo convinse il Sultano a dichiararlo decaduto (11 settembre 1766). Tutti i Vescovi serbi furono sostituiti da prelati greci che sono ricordati per la mancanza di considerazione per le necessità delle popolazioni loro affidate.


La situazione cambiò solo nel XIX secolo, quando, spinti dalle rivolte guidate nel 1804 da Karađorđe Petrović e nel 1815 da Miloš Obrenović, i Turchi decisero di creare un principato serbo autonomo all'interno dell'Impero ottomano. La riacquistata autonomia serba fu l'inizio per la rinascita del Patriarcato nazionale. Nel 1831 il Patriarca ecumenico acconsentì al riconoscimento dell'autonomia della Chiesa serba e richiamò a Costantinopoli il clero greco.


Il primo Metropolita della rinnovata Chiesa fu Melentije Pavlović (1831-1833); fu anche il primo Metropolita della Chiesa serba nuovamente autocefala (1879). Gravi lutti e ingenti danni furono sofferti dalla Chiesa nel corso delle guerre balcaniche (1912-1913) e della Prima guerra mondiale (1914-1918). Il dissolvimento dell'Impero Ottomano e la nascita del Regno di Jugoslavia vedono anche, nel 1918, il ristabilimento del Patriarcato di Serbia.


Il primo patriarca fu Dimitrije (vero nome Dimitrije Pavlović), arcivescovo di Belgrado, eletto nel 1920: sotto il suo apostolato, furono unite nella Chiesa ortodossa serba unificata le metropolie di Montenegro e di Karlovac, le chiese di Dalmazia, di Bosnia ed Erzegovina e di Macedonia. Dal 1930 al 1937 fu Patriarca Varnava (vero nome Varnava Rosić): in questo periodo fu costruita l'attuale sede del Patriarcato a Belgrado. Varnava contrastò duramente il Governo che nel 1935 siglò un Concordato con la Santa Sede per dare diritti ai fedeli cattolici. Dal 1938 al 1950 sul trono di San Saba sedette Gavrilo V.


Dopo Gavrilo, sono stati tre i Patriarchi della Chiesa serba: Vikentije II (1950-1958), German (1958-1990) e Pavle (1990-2009). Il 23 gennaio 2010 la Chiesa Serba ha annunciato il nome del nuovo Patriarca: si tratta del vescovo Irinej, 79 anni, dell'Eparchia di Niš, città natale dell'Imperatore romano Costantino I.


Da ultimo, il più recente Patriarcato è quello della Chiesa ortodossa romena che tra tutte le chiese ortodosse è seconda solo alla Chiesa ortodossa russa per numero di fedeli.

(Sua Santità Daniele, Patriarca di tutta la Romania)

Dal 12 settembre 2007 il Patriarca della chiesa ortodossa romena è Daniele che succede in questa funzione a Teoctist, morto il 30 luglio 2007, dopo 20

anni di patriarcato. Daniel è il sesto patriarca ortodosso romeno.


Nel 1859, i principati romeni di Moldavia e Valacchia si unirono per formare l'odierna Romania. La gerarchia ecclesiastica ortodossa seguì i due stati nel loro processo di fusione. Di conseguenza poco dopo, nel 1872, le chiese ortodosse dei due principati (la Metropolia di Ungrovlahia e la Metropolia di Moldavia) decisero di unirsi per formare la Chiesa ortodossa romena. In questo processo si separarono canonicamente dalla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa romena si dichiarò autocefala. Nello stesso anno fu costituito un sinodo separato.


Il Patriarcato di Costantinopoli riconobbe l'autocefalia della Chiesa ortodossa romena solo nel 1885. Prima organizzata in Metropolie, la Chiesa divenne un Patriarcato nel 1925, con l'espansione conseguente alla creazione della Grande Romania.


Il governo comunista, con la Legge dei culti del 1948 introdusse uno stretto controllo statale sulla Chiesa. I monasteri furono trasformati in laboratori artigianali ed i monaci furono incoraggiati a dedicarsi a lavori laici.


I vertici della gerarchia ecclesiastica mantennero buone relazioni con il regime comunista, ma furono molti i membri del clero a dissentire: fino al 1963 oltre 2.500 tra sacerdoti e monaci furono arrestati ed ulteriori 2.000 monaci furono obbligati ad abbandonare la vita monastica.


Fu solo dopo la rivoluzione romena del 1989, e l'avvento della democrazia nel paese che la Chiesa fu svincolata dal controllo statale, sebbene lo stato continui a finanziare il clero attraverso la corresponsione degli stipendi.


Nel 1948 la Chiesa greco-cattolica romena fu proscritta e tutti i suoi beni, incluse le Chiese, furono consegnate alla Chiesa ortodossa. Dopo la fine dell'era comunista, i greco-cattolici hanno chiesto la restituzione delle loro chiese, ma finora solamente 16 delle 2600 chiese reclamate sono state riconsegnate ai cattolici. Ci sono indicazioni che molte antiche chiese greco-cattoliche furono demolite durante l'amministrazione della Chiesa ortodossa.


La Chiesa Ortodossa romena è la sola Chiesa ortodossa che usa una lingua romanza nella liturgia divina.


I registri religiosi bizantini fanno menzione anche di una originale forma di diocesi nella regione - chiamata corepiscopato o episcopato di campagna - come contraltare dei centri religiosi più noti delle grandi città. Questo può essere paragonato ai "vescovi monastici" dell'Irlanda, i quali univano le funzioni di abate a quelle di vescovo distrettuale per una regione che non aveva ancora un episcopato.

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