LECTIO DIVINA SULLA RESURREZIONE DI LAZZARO
DEL GRAN PRIORE ECCLESIASTICO
(Caravaggio: Resurrezione di Lazzaro (1609). Opera conservata presso il Museo Regionale di Messina)
In questo periodo di Quaresima, che ci prepara alla Pasqua siamo invitati a riscoprire il nostro battesimo che in queste domeniche ci viene presentato con i simboli dell'acqua, della luce, della vita.
Nei brani evangelici delle ultime domeniche Gesù si è rivelato progressivamente. Egli è "l'acqua viva" che disseta il nostro bisogno di felicità e di infinito. Egli è "la luce del mondo" che rischiara le nostre tenebre donandoci la fede, cioè una comprensione nuova di Dio, del mondo, di noi stessi.
Nel brano della prossima domenica Gesù, risuscitando Lazzaro, si rivela come Colui che possiede la pienezza della vita e la comunica.
Dissetarsi. Vedere. Vivere. È un crescendo inarrestabile quello proposto dalla Quaresima di quest’anno. La Samaritana (4,5-42), il cieco nato (9,1-41) e Lazzaro di Betania: tre icone della debolezza umana alle quali viene incontro Gesù.
Il vangelo di oggi riporta l’episodio della risurrezione di Lazzaro a Betania, in casa di Marta e Maria (Gv 11,1-56).
La risurrezione di Lazzaro è il segno miracoloso di Gesù, posto al culmine del «segni» che l’evangelista dispone come tappe di graduale rivelazione del mistero di Cristo.
Si tratta di una pagina ricca di messaggi e di mistero che sa di paradosso: infatti mentre Gesù vince la morte e riporta alla vita l’amico, egli stesso va verso la sua morte violenta, secondo la decisine presa dal sinedrio (cf. Gv 11,45-54).
(La resurrezione di Lazzaro, Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, 1619, Museo del Louvre)
In questo contesto di conflitto tra la vita e la morte si svolge il settimo segnale della risurrezione di Lazzaro.
L’episodio della risurrezione di Lazzaro comunica questa certezza: Gesù è fonte di vita per le comunità dei poveri, per tutti coloro che credono in Lui.
Nella prima tappa (vv. 1-6) viene annunciata la malattia di Lazzaro, amico di Gesù, per iniziativa delle due sorelle che mandano a dire a Gesù: "Colui che tu ami è malato!" (Gv 11,3.5).
Gesù risponde alla richiesta e spiega ai discepoli: "Questa malattia non è mortale, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato (Gv 11,4). Il dialogo sulla malattia di Lazzaro e sul ritorno a Betania permette di comprendere il ruolo dei discepoli e la scelta fatta da Gesù: aiutare i suoi a maturare nella fede. Gesù indugia volutamente, prima di recarsi a Betania (Gv 11,1-6) per indurre a riflettere i suoi discepoli sul mistero della vita e prepararli all’evento della risurrezione.
Nella seconda tappa (vv. 7-16) Gesù decide di andare in Giudea, mentre i suoi discepoli contrariati gli esprimono il rischio della decisione di esporsi pubblicamente e Tommaso afferma sarcasticamente” andiamo anche noi a morire con lui”.
Nella terza tappa, la più lunga (vv. 17-36), si descrive l’arrivo del Signore a Betania, il dialogo sul mistero della vita e della risurrezione avuto con Marta la più intraprendente e con Maria la più contemplativa.
La prima è Marta che va incontro al Signore, mentre Maria resta a casa (v. 20). Il dialogo con Marta è rivelatore della dinamica della fede: credere significa accogliere il mistero di Cristo che si rivela come Figlio di Dio.
Marta dice che crede nella risurrezione alla fine dei tempi. Questa fede antica non rinnovava la vita. Perché non basta credere nella risurrezione che avverrà alla fine dei tempi, ma bisogna credere nella Risurrezione già presente qui e ora nella persona di Gesù e in coloro che credono in Gesù.
Prima vedere il segno concreto della risurrezione di Lazzaro, Marta confessa la sua fede: "Io credo che tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivo” (Gv 11,27).
Marta parla al futuro Gesù parla al presente. Gesù annuncia a Marta la risurrezione (v. 23), non solo quella finale, ma quella presente.
Gesù pronuncia due parole tra le più importanti del Vangelo: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morrà in eterno».
Notiamo la successione delle due parole «Io sono la Risurrezione e la vita». Prima viene la Risurrezione, poi la vita, e non viceversa. Risurrezione è un'esperienza che interessa prima di tutto il nostro presente e non solo il nostro futuro.
Alla domanda di Gesù, Marta risponde prontamente con una splendida dichiarazione di fede: Io credo che tu sei il Cristo. il Figlio di Dio che deve venire nel mondo» (v. 27).
(Cristo nella casa di Marta e Maria, Jan Vermeer, prima del 1654-1655, National Gallery of Scotland, Edimburgo)
Poi entra in scena la sorella Maria, che ripete quello che ha detto Marta. Dopo l’incontro con Maria, che lo riconosce nella fede, gettandosi ai suoi piedi, Gesù si commuove profondamente di fronte al sepolcro di Lazzaro.
Un ulteriore sottolineatura è data dalla presenza dei Giudei venuti a consolare le due sorelle, i quali sono testimoni del grande evento.
I giudei, rappresentanti dell’Antica Alleanza, sanno solo consolare. Non danno vita nuova... Gesù è colui che porta una vita nuova!
Nella quarta tappa (vv. 38-44) si compie il miracolo della risurrezione, preceduto dalla preghiera di Gesù al Padre (vv. 41-42) e seguito dallo stupore e dalla fede di molti testimoni oculari. Lazzaro esce fuori dal sepolcro e questo evento diventa un’anticipazione della Pasqua del Signore.
Gesù ordina di togliere la pietra. Marta reagisce: "Signore, già manda cattivo odore, perché è di quattro giorni!"(Gv 11,39). Di nuovo Gesù lancia la sfida chiedendo di credere nella risurrezione, qui e ora, come un segno della gloria di Dio: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?" (Gv 11,40).
Nel vangelo di Giovanni, la glorificazione di Gesù avviene mediante la sua morte (Gv 12,23; 17,1). Una delle cause della sua condanna a morte sarà la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,50; 12,10).
Ritirarono la pietra. Agli uomini spetta ritirare la pietra. E a Dio di risuscitare.
(La Resurrezione di Lazzaro, Nicolas Froment, 1461, Uffizi di Firenze)
Dinanzi al sepolcro aperto e dinanzi all’incredulità delle persone, Gesù si dirige al Padre. Nella sua preghiera, prima rende grazie: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto" (Gv 11,41-42). Gesù conosce il Padre e ha fiducia in lui. Ma ora lui chiede un segno a causa della moltitudine che lo circonda, in modo che possa credere che lui, Gesù, è mandato dal Padre.
La preghiera di Gesù diventa la più eloquente chiave di lettura di questo evento, in quanto costituisce la rivelazione della figliolanza di Gesù e della sua obbedienza alla volontà del Padre.
Gesù poi grida ad alta voce: "Lazzaro, vieni fuori!” Lazzaro esce fuori (Gv 11,43-44).
Il simbolismo del sepolcro da cui esce vivo Lazzaro (con le bende), verrà ripreso nel contesto pasquale: il sepolcro della risurrezione rimane vuoto e Gesù vi lascia le bende e il sudario.
La morte riceve nella prospettiva cristiana una nuova decisiva interpretazione: è un passaggio verso la gloria di Dio!
É il trionfo della vita sulla morte, della fede sull’incredulità.
Dopo la risurrezione di Lazzaro molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista della risurrezione di Lazzaro credettero in lui.
Dobbiamo individuare in Lazzaro di Betania sepolto, legato e bendato da quattro giorni la condizione ordinaria di esistenza dell’umanità.
Gesù è la Parola di Dio che richiama all’esistenza, che rimette in gioco la speranza, che ridelinea il futuro.
Il messaggio della risurrezione della vita deve aiutarci a leggere nella speranza anche le nostre situazioni più difficili come la pandemia in questi giorni. In Cristo siamo chiamati a dare un nuovo senso al dolore, alla sofferenza e persino alla morte di tanti nostri fratelli e sorelle morte senza una parola amica; senza un sacerdote al capezzale, senza un tocco di campana.
Il brano sottolinea il ruolo la centralità della fede che nasce dall’incontro con il Cristo. Il cammino della fede è simboleggiato variamente dai personaggi che ruotano intorno a Gesù. Gli atteggiamenti della fede sono diversi: i discepoli non comprendono, Marta e Maria accolgono Gesù passando attraverso l’esperienza del dolore, molti dei giudei presenti ì, dopo aver visto il miracolo, credono.
Di fronte alla risurrezione di Lazzaro siamo chiamati a riflettere e verificare il nostro livello di fede di fronte alle situazioni e alle prove della nostra vita.
Gesù, risuscitando Lazzaro, si rivela come il Signore della vita.
Di fronte a Gesù che si presenta come la risurrezione e la vita bisogna che noi siamo capaci di lasciarci salvare, di lasciarci dare vita, di convincerci che la morte è un inganno, che Gesù ha aperto quella porta una volta per tutte e da quella porta anche noi possiamo passare senza danno.
Al di là, perciò, dell'esperienza lacerante della morte, l'unica realtà che sembra vera e definitiva per gli uomini, noi siamo invitati a vedere la vittoria di Cristo, il suo amore che salva l'uomo. Gesù è l'unico che davanti alla morte dell'amico continua a sperare.
La risurrezione di Lazzaro, non è soltanto simbolo della risurrezione futura, ma è anche segno di un dono che il Signore Gesù già ora fa a chi crede.
La "vita eterna" il credente la possiede già fin d'ora in attesa dell'esplosione e maturazione finale di tale vita. Già adesso, nel presente, Gesù è per tutti i credenti quella vita divina, ineffabile, eterna che non morirà mai.
Il grido con cui Gesù chiama Lazzaro è anche la voce di colui che già ora chiama i morti spiritualmente a risorgere e vivere. Non è solo un invito a ciascuno perché esca dalla tomba del proprio egoismo, torpore, grettezza, disperazione. Ma è anche parola efficace che libera realmente e dona di gustare il sapore della vita vera, perché la vita è Lui.
In questo episodio Gesù ci si manifesta come vero uomo e vero Dio.
Gesù, vero uomo, ha coltivato l’amicizia, si è commosso ed ha pianto sulla tomba dell'amico Lazzaro. Questo pianto, così umano ci mostra la reazione di Dio di fronte al nostro dolore e alla nostra morte. Egli non resta freddo e indifferente, ma si commuove, sente profondamente il dolore di questa nostra situazione segnata dalla sofferenza e sfida l’umano nella sua maggiore cifra di vulnerabilità: la paura della morte.
Anche noi membri della comunità ecclesiale siamo chiamati a piangere con chi piange per la morte inaspettata di tanti nostri fratelli e sorelle e a gioire con chi gioisce per la nascita dei bambini alla vita, per la guarigione di coloro che sono stati contagiati.
(Cristo vince la morte, mosaico, Basilica di San Marco, Venezia)
Gesù, figlio di Dio, ha ridato la vita terrena a Lazzaro. Con la potenza della sua parola lo richiama alla vita terrena.
Anche la Chiesa è chiamata a dare attraverso i sacramenti la vita della grazia a chi l'ha perduta.
Da parte nostra, come battezzati, ogni giorno siamo chiamati a morire con Gesù per risuscitare insieme a lui, ad avere sempre più in noi la vita nuova che è il dono del crocifisso risorto.
Questa vita è nata in te nel Battesimo e rinasce ogni volta nel Sacramento della Riconciliazione.
I sacramenti ci aiutano a vivere una morale pasquale attraverso una fede più matura, una carità più operosa una speranza più ardente.
Occorre credere. La fede è l’unica condizione che Gesù pone a Marta è l’unica condizione che Gesù pone a noi, a tutti. Il grido di Marta: “Io credo che tu sei il Cristo, il figlio di Dio”, definisce perfettamente quello che è la fede cristiana: non la semplice adesione ad un insegnamento, ma l'attaccamento di tutto l'essere alla persona vivente di Gesù Cristo.
Questa fede in Cristo è il fondamento della nostra speranza e deve illuminare e dare senso a tutta la nostra vita.
Anche noi come Marta siamo tanto legati alle cose della terra e crediamo nel Signore, ma con una fede che rimanda tutto all’ultimo giorno, che non ci sconvolge la vita qui e ora, che non ci lascia veramente capire che cosa vuol dire vita e che cosa vuol dire morte. Noi cristiani dovremmo veramente chiederci quanto crediamo alle parole di Gesù ogni volta che ci troviamo di fronte alle scelte di tutti i giorni, che ci avviano sulla via della vita o su quella della morte.
Cristo è sempre al centro della nostra vita: non per eliminare la prova, ma per farcela accettare nella nuova prospettiva del sacrificio offerto per amore.
Come ha pianto per l’amico Lazzaro Gesù piange per me: sono io Lazzaro, io sono l'amico, malato e amato, che Gesù non accetta gli sia strappato via. Dalle lacrime di Gesù impariamo il cuore di Dio. Il perché della nostra risurrezione sta in questo amore fino al pianto. Risorgiamo adesso, risorgeremo dopo la morte, perché amati. L'amore di Dio è più forte della morte.
Sostenuti da questa speranza, noi cammineremo sempre con coraggio, serenità e gioia sulla via della vita, nella certezza che essa ci conduce alla casa del Padre.
Monreale, 26 Marzo 2020
✠ Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale e Gran Priore Ecclesiastico MHOSLJ